domenica 14 febbraio 2016

Kraftwerk

I Kraftwerk (in tedesco centrale elettrica) sono una band tedesca, fondata a Dusseldorf nel 1970. Sono considerati i precursori della musica elettronica, ed il loro stile ha lasciato un segno profondo nella storia della musica, influenzando interi generi (dalla new wave alla disco, dall'hip hop alla techno). 
Lo stile dei Kraftwerk, ispirato al minimalismo, alla musica colta di Stockhausen e alla new wave, si distingue per le sonorità volutamente fredde e in qualche modo vicine all'estetica futurista. Le loro sonorità ritmiche e robotiche li hanno resi importanti antesignani di innumerevoli tendenze della musica elettronica (quali la techno, la musica house e la musica industriale) e dell'hip hop, nonché gli inventori del synth pop. La musica dei Kraftwerk è tuttavia frutto di un'evoluzione. Con i primi due omonimi album del 1970 e del 1972, lo stile della formazione è vicino alla musica cosmica tedesca, nonché, secondo quanto riportato, "ispirato ad angoscianti realtà metropolitane, con ostiche sonorità ai confini del rock". Dopo l'album di transizione Ralf and Florian (1973), il gruppo prende le distanze dal krautrock delle origini e si avvicina al rock elettronico con Autobahn, caratterizzato da un sound più personale. Il primo album interamente elettronico è però Radio-Activity (1975), che segna un momentaneo e parziale riavvicinamento all'avanguardia dei primi dischi. Il successivo e più ballabile Trans-Europe Express (1977) è considerato un altro capitolo importantissimo nella discografia dei Kraftwerk che accosta pop e musica concreta, mentre Il seguente The Man Machine (1978) "riprende e attualizza le migliori invenzioni dei primi Kraftwerk ultra sperimentali e lancia in orbita un'inedita forma di technopop ad alto quoziente di aristocrazia dandy". In dischi più recenti quali Computer World (1981) ed Electric Café (1986) il gruppo di Düsseldorf si è avvicinato alla dance minimale. https://it.wikipedia.org/wiki/Kraftwerk
Arricchito dall'introduzione del Moog, "Autobahn" è un capolavoro d'equilibrio senza pari nella storia del rock elettronico. Equilibrio tra rumori e melodie, sperimentazioni d'avanguardia e pop, danze ancestrali e ritmi "concreti", umanesimo e cibernetica, tecnologia e arte. Definito da Ralf Hütter, insieme a Florian Schneider uno dei fondatori della band, "una specie di raga pensato per l'ascolto in automobile", l'album è una sinfonia per motori. Motori che rombano, che mormorano suoni e rumori in un'armonia ipnotica. "Düsseldorf, la città in cui viviamo, è il centro della più grande zona industriale tedesca — raccontavano i due -. La nostra musica è quella della realtà urbana, con i ritmi e i suoni che producono le fabbriche, i treni e le automobili. Lavoriamo in questo contesto e ne siamo influenzati, come degli operai della musica, per otto-dieci ore al giorno nel nostro studio di registrazione. Amiamo i computer e le macchine che noi stessi ci siamo costruiti, con esse abbiamo una relazione semi-erotica". Romanticismo mitteleuropeo, estetica futurista e un sentire tipicamente "soul" si incrociano sull'Autostrada dei Kraftwerk per dar vita al suono del futuro. 





L'arteria pulsante del disco è la lunga title-track di "Autobahn" (oltre 22 minuti): una suite scintillante, costruita sulla combinazione tra i rumori delle auto in movimento (motori, pneumatici, clacson) e le melodie sinuose delle tastiere e del flauto, con l'incessante battito della drum-machine a pompare ritmo in modo quasi sempre uniforme. L'ascoltatore ha così la sensazione di sentirsi trasportato in un lungo viaggio, rilassante e ipnotico al contempo. Il ritornello ("Wir fahr'n fahr'n fahr'n auf der Autobahn/ Viaggiare viaggiare viaggiare sull'autostrada") è sussurrato in modo asettico, monocorde, quasi a simulare la ripetitività della guida in autostrada. E il coretto "fahr'n fahr'n fahr'n" riecheggia apertamente il "fun, fun, fun" dei Beach Boys (una delle insospettabili band di riferimento dei Kraftwerk). 
Tutto il testo di "Autobahn" è palesemente beffardo, sardonico: "Davanti a noi si distende una vallata larga/ il sole brilla con raggi sfavillanti.../ la strada è un nastro grigio con strisce bianche e bordo verde/ ora accendiamo la radio/ dall'altoparlante escono i suoni". Ma dietro l'apparente nonsense, si cela l'ottimismo "naif" dei Kraftwerk. Come scrive Cilìa: "La loro è una visione del futuro che viene da un passato in cui era possibile immaginare tempi a venire prosperi e ordinati, fatti di città linde, immensi spazi verdi, autostrade a otto corsie regolate da giganteschi cervelli elettronici. Prima della guerra del petrolio e del microchip. Prima di 'Blade Runner'. Prima del cyberpunk. Prima che ci accorgessimo di essere fottuti". E su questa falsariga è anche la stessa copertina dell'album, disegnata da Emil Schult: una combinazione "pastoral-industriale" di colline e autostrada, con una vecchia Volkswagen in marcia e una nuova Mercedes che procede nel senso opposto. Come a dire: la Germania che fu e quella che sarà.
Il resto del disco è meno "delineato" e più astratto, in bilico tra divagazioni cosmiche alla Tangerine Dream e Vangelis e momenti di maggiore intensità ritmica. Le due "Kometenmelodie" sono escursioni in paesaggi sonori ambientali, sospinte da un afflato cosmico (più lenta e atmosferica la prima, più veloce e allegra la seconda). La sinistra "Mitternacht" riprende le sperimentazioni dei primi lavori dei pionieri di Dusseldorf, con il suo andamento rallentato e il suo reticolo di effetti elettronici (echi, bleep, cigolii, rumori metallici): potrebbe tranquillamente fungere da colonna sonora di un vecchio horror d'annata. La passeggiata mattutina di "Morgenspaziergang" conclude l'album nel segno dell'eccentricità, tra cinguettii d'uccelli, sciacquii di stagno (tutto rigorosamente elettronico) e le tenui melodie del flauto di Schneider.http://www.ondarock.it/pietremiliari/kraftwerk_autobahn.htm




Il brano "Trans Europe Express", con la digressione "Metal On Metal", è il classico punto di non ritorno, dal quale prenderanno forma i movimenti musicali globali che han dato vita alla techno e ai suoi mille rivoli, ma persino all'hip hop nero, così come lo ascoltiamo oggi. Un'incantevole riproduzione sintetica dell'incedere di un treno, interamente costruita con la tecnica del "tape-loop" (che a quei tempi era faccenda per pochi eletti, visto che non esistevano i campionatori) rendono perfetto e insuperato il concetto di "movimento" teso a "coprire" fisicamente una distanza. Quattordici minuti ipnotici, con minime, ma decisive variazioni sul tema, un parlato ripetuto all'infinito, che sta lì a ricordarci come l'avanzare della locomotiva "from station to station" sia comunque governato dall'uomo e dal suo cuore, per mezzo di un vissuto e della sua scienza; ma poi, il fragore del metallo sulle rotaie: tutto questo è danza, una danza robotica che ci narra ancora dell'Europa ("Rendezvous on Champs Elysées/ Leave Paris in the morning on T.E.E."), ma con il linguaggio dell'avanguardia e il ritmo del funk. La parabola iniziata con le automobili che sfrecciavano sulla "Autobahn" entra in pianta stabile nell'immaginario degli artisti e in quello del pubblico, condizionandoli a tal punto da rendere questa suite dell'era tecnologica consciamente o inconsciamente imprescindibile per chiunque si cimenti, ancora oggi, con il pop di matrice elettronica.
Tutta la magia e il mistero dei sintetizzatori sono racchiusi nell'intimista chiusura strumentale dell'album, nella quale idealmente s'incontrano, trascolorando fino a confondersi, il passato della tradizione romantica tedesca di "Franz Schubert" e l'eterno ritorno al futuro di "Endless Endless": gli ultimi frammenti dei sussurri più umani che una macchina sia mai riuscita a concepire.
http://www.ondarock.it/pietremiliari/kraftwerk_trans.htm




Il testo del brano "The Robots" (in tedesco Die Roboter), singolo dell'album "The Man-Machine", pubblicato nel 1978, esalta le recenti scoperte della robotica, e di come gli umani possano trarne beneficio. Le frasi in lingua russa "Я твой слуга" (Ya tvoi sluva, Sono il tuo servo) e "Я твой работник" (Ya tvoi rabotnik, Sono il tuo operaio) fungono da ponte per il ritornello, e vengono recitate sopra la ripetizione dell'introduzione. Il resto del testo viene cantato da Ralf e Florian attraverso un vocoder. Il famoso ritornello "We are the Robots" è stato usato da Wolfgang Flür, ex membro dei Kraftwerk, per il titolo del suo libro Kraftwerk: We are the Robots pubblicato nel 2003.
Quando la canzone veniva eseguita dal vivo, la band veniva sostituita da dei cloni robot. Il modo in cui entrano in scena i robot non è sempre uguale. Ad esempio, in uno spettacolo del 1997, i simulacri erano "quattro corpi senza gambe che scendevano dall'impianto di illuminazione", oppure, sempre nello stesso anno i robot "erano sospesi in aria e ballavano a tempo di musica".




"Computer Love" è il brano che più rappresenta l'album, "Computer World" (1981). In esso, infatti, si alternano momenti molto struggenti e trascinanti, grazie all'uso esperto dei sintetizzatori, e altri che invece si reggono sulla sezione ritmica, ad opera dei pattern.
Il testo narra della solitudine di una persona che finalmente trova la sua anima gemella attraverso un computer.




"I give you my affection and I give you my time
Trying to get a connection on the telephone line

You're so close but far away
I call you up all night and day

I give you my affection and I give you my time
Trying to get a connection on the telephone line

You're so close but far away
I call you up all night and day
You're so close but far away
I call you up all night and day

I give you my affection and I give you my time
Trying to get a connection on the telephone line

I call you up from time to time
To hear your voice on the telephone line
I call you up from time to time
To hear your voice on the telephone line"

Dal brano "The Telephone Call" estratto come primo singolo dall'album "Electric Café" (1986).

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