I Kraftwerk (in tedesco centrale elettrica) sono una band
tedesca, fondata a Dusseldorf nel 1970. Sono considerati i precursori della
musica elettronica, ed il loro stile ha lasciato un segno profondo nella storia
della musica, influenzando interi generi
(dalla new wave alla disco, dall'hip hop alla techno).
Lo stile dei Kraftwerk, ispirato al minimalismo, alla
musica colta di Stockhausen e alla new wave, si distingue per le sonorità
volutamente fredde e in qualche modo vicine all'estetica futurista. Le loro
sonorità ritmiche e robotiche li hanno resi importanti antesignani di
innumerevoli tendenze della musica elettronica (quali la techno, la musica
house e la musica industriale) e dell'hip hop, nonché gli inventori del
synth pop. La musica dei Kraftwerk è tuttavia frutto di un'evoluzione. Con i
primi due omonimi album del 1970 e del 1972, lo stile della formazione è vicino
alla musica cosmica tedesca, nonché, secondo quanto riportato, "ispirato
ad angoscianti realtà metropolitane, con ostiche sonorità ai confini del
rock". Dopo l'album di transizione Ralf and Florian (1973), il gruppo
prende le distanze dal krautrock delle origini e si avvicina al rock
elettronico con Autobahn, caratterizzato da un sound più personale. Il primo album
interamente elettronico è però Radio-Activity (1975), che segna un
momentaneo e parziale riavvicinamento all'avanguardia dei primi dischi. Il
successivo e più ballabile Trans-Europe Express (1977) è
considerato un altro capitolo importantissimo nella discografia dei Kraftwerk
che accosta pop e musica concreta, mentre Il seguente The Man Machine (1978)
"riprende e attualizza le migliori invenzioni dei primi Kraftwerk
ultra sperimentali e lancia in orbita un'inedita forma di technopop ad alto
quoziente di aristocrazia dandy". In dischi più recenti quali Computer
World (1981) ed Electric Café (1986) il gruppo di
Düsseldorf si è avvicinato alla dance minimale. https://it.wikipedia.org/wiki/Kraftwerk
Arricchito dall'introduzione del Moog, "Autobahn" è un capolavoro d'equilibrio senza pari nella storia del rock elettronico. Equilibrio tra rumori e melodie, sperimentazioni d'avanguardia e pop, danze ancestrali e ritmi "concreti", umanesimo e cibernetica, tecnologia e arte. Definito da Ralf Hütter, insieme a Florian Schneider uno dei fondatori della band, "una specie di raga pensato per l'ascolto in automobile", l'album è una sinfonia per motori. Motori che rombano, che mormorano suoni e rumori in un'armonia ipnotica. "Düsseldorf, la città in cui viviamo, è il centro della più grande zona industriale tedesca — raccontavano i due -. La nostra musica è quella della realtà urbana, con i ritmi e i suoni che producono le fabbriche, i treni e le automobili. Lavoriamo in questo contesto e ne siamo influenzati, come degli operai della musica, per otto-dieci ore al giorno nel nostro studio di registrazione. Amiamo i computer e le macchine che noi stessi ci siamo costruiti, con esse abbiamo una relazione semi-erotica". Romanticismo mitteleuropeo, estetica futurista e un sentire tipicamente "soul" si incrociano sull'Autostrada dei Kraftwerk per dar vita al suono del futuro.
L'arteria pulsante del disco è la lunga title-track di
"Autobahn" (oltre 22 minuti): una suite scintillante, costruita sulla
combinazione tra i rumori delle auto in movimento (motori, pneumatici, clacson)
e le melodie sinuose delle tastiere e del flauto, con l'incessante battito
della drum-machine a pompare ritmo in modo quasi sempre uniforme. L'ascoltatore
ha così la sensazione di sentirsi trasportato in un lungo viaggio, rilassante e
ipnotico al contempo. Il ritornello ("Wir fahr'n fahr'n fahr'n auf der
Autobahn/ Viaggiare viaggiare viaggiare sull'autostrada") è sussurrato in
modo asettico, monocorde, quasi a simulare la ripetitività della guida in
autostrada. E il coretto "fahr'n fahr'n fahr'n" riecheggia
apertamente il "fun, fun, fun" dei Beach Boys (una delle
insospettabili band di riferimento dei Kraftwerk).
Tutto il testo di "Autobahn" è palesemente
beffardo, sardonico: "Davanti a noi si distende una vallata larga/ il sole
brilla con raggi sfavillanti.../ la strada è un nastro grigio con strisce
bianche e bordo verde/ ora accendiamo la radio/ dall'altoparlante escono i
suoni". Ma dietro l'apparente nonsense, si cela l'ottimismo
"naif" dei Kraftwerk. Come scrive Cilìa: "La loro è una visione
del futuro che viene da un passato in cui era possibile immaginare tempi a
venire prosperi e ordinati, fatti di città linde, immensi spazi verdi,
autostrade a otto corsie regolate da giganteschi cervelli elettronici. Prima
della guerra del petrolio e del microchip. Prima di 'Blade Runner'. Prima del
cyberpunk. Prima che ci accorgessimo di essere fottuti". E su questa
falsariga è anche la stessa copertina dell'album, disegnata da Emil Schult: una
combinazione "pastoral-industriale" di colline e autostrada, con una
vecchia Volkswagen in marcia e una nuova Mercedes che procede nel senso
opposto. Come a dire: la Germania che fu e quella che sarà.
Il resto del disco è meno "delineato" e più
astratto, in bilico tra divagazioni cosmiche alla Tangerine Dream e Vangelis e
momenti di maggiore intensità ritmica. Le due "Kometenmelodie" sono
escursioni in paesaggi sonori ambientali, sospinte da un afflato cosmico (più
lenta e atmosferica la prima, più veloce e allegra la seconda). La sinistra
"Mitternacht" riprende le sperimentazioni dei primi lavori dei
pionieri di Dusseldorf, con il suo andamento rallentato e il suo reticolo di
effetti elettronici (echi, bleep, cigolii, rumori metallici): potrebbe
tranquillamente fungere da colonna sonora di un vecchio horror d'annata. La
passeggiata mattutina di "Morgenspaziergang" conclude l'album nel
segno dell'eccentricità, tra cinguettii d'uccelli, sciacquii di stagno (tutto
rigorosamente elettronico) e le tenui melodie del flauto di Schneider.http://www.ondarock.it/pietremiliari/kraftwerk_autobahn.htm
Il brano "Trans Europe Express",
con la digressione "Metal On Metal", è il classico punto di non
ritorno, dal quale prenderanno forma i movimenti musicali globali che han dato
vita alla techno e ai suoi mille rivoli, ma persino all'hip hop nero, così come
lo ascoltiamo oggi. Un'incantevole riproduzione sintetica dell'incedere di un
treno, interamente costruita con la tecnica del "tape-loop" (che a
quei tempi era faccenda per pochi eletti, visto che non esistevano i
campionatori) rendono perfetto e insuperato il concetto di
"movimento" teso a "coprire" fisicamente una distanza.
Quattordici minuti ipnotici, con minime, ma decisive variazioni sul tema, un
parlato ripetuto all'infinito, che sta lì a ricordarci come l'avanzare della
locomotiva "from station to station" sia comunque governato dall'uomo
e dal suo cuore, per mezzo di un vissuto e della sua scienza; ma poi, il fragore
del metallo sulle rotaie: tutto questo è danza, una danza robotica che ci narra
ancora dell'Europa ("Rendezvous on Champs Elysées/ Leave Paris in the
morning on T.E.E."), ma con il linguaggio dell'avanguardia e il ritmo del
funk. La parabola iniziata con le automobili che sfrecciavano sulla
"Autobahn" entra in pianta stabile nell'immaginario degli artisti e
in quello del pubblico, condizionandoli a tal punto da rendere questa suite
dell'era tecnologica consciamente o inconsciamente imprescindibile per chiunque
si cimenti, ancora oggi, con il pop di matrice elettronica.
Tutta la magia e il mistero dei sintetizzatori sono
racchiusi nell'intimista chiusura strumentale dell'album, nella quale
idealmente s'incontrano, trascolorando fino a confondersi, il passato della
tradizione romantica tedesca di "Franz Schubert" e l'eterno ritorno
al futuro di "Endless Endless": gli ultimi frammenti dei sussurri più
umani che una macchina sia mai riuscita a concepire.
http://www.ondarock.it/pietremiliari/kraftwerk_trans.htm
Il testo del brano "The
Robots" (in tedesco Die Roboter),
singolo dell'album "The Man-Machine",
pubblicato nel 1978, esalta le recenti scoperte della robotica, e di come gli
umani possano trarne beneficio. Le frasi in lingua russa "Я твой
слуга" (Ya tvoi sluva, Sono il tuo servo) e "Я твой работник"
(Ya tvoi rabotnik, Sono il tuo operaio) fungono da ponte per il ritornello, e
vengono recitate sopra la ripetizione dell'introduzione. Il resto del testo
viene cantato da Ralf e Florian attraverso un vocoder. Il famoso ritornello
"We are the Robots" è stato usato da Wolfgang Flür, ex membro dei Kraftwerk,
per il titolo del suo libro Kraftwerk: We are the Robots pubblicato nel 2003.
Quando la canzone veniva eseguita dal vivo, la band veniva
sostituita da dei cloni robot. Il modo in cui entrano in scena i robot non è
sempre uguale. Ad esempio, in uno spettacolo del 1997, i simulacri erano
"quattro corpi senza gambe che scendevano dall'impianto di
illuminazione", oppure, sempre nello stesso anno i robot "erano
sospesi in aria e ballavano a tempo di musica".
"Computer Love" è il brano che più rappresenta l'album, "Computer World" (1981). In esso, infatti, si alternano momenti molto struggenti e
trascinanti, grazie all'uso esperto dei sintetizzatori, e altri che invece si
reggono sulla sezione ritmica, ad opera dei pattern.
Il testo narra della solitudine di una persona che
finalmente trova la sua anima gemella attraverso un computer.
"I give you
my affection and I give you my time
Trying to
get a connection on the telephone line
You're so
close but far away
I call you
up all night and day
I give you
my affection and I give you my time
Trying to
get a connection on the telephone line
You're so
close but far away
I call you
up all night and day
You're so
close but far away
I call you
up all night and day
I give you
my affection and I give you my time
Trying to
get a connection on the telephone line
I call you
up from time to time
To hear
your voice on the telephone line
I call you
up from time to time
To hear
your voice on the telephone line"
Dal brano "The Telephone Call" estratto come primo singolo dall'album "Electric Café" (1986).
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